La storia della Famiglia

Una famiglia locale sulla scena internazionale:
gli Anzilotti

Gli Anzilotti secondo accreditati studi genealogici, si sarebbero insediati a Uzzano verso la fine del XV secolo. La famiglia si presume fosse stata originaria della regione francese della Linguadoca, nel sud ovest della Francia, dove i nobili possedevano il Castello di Vitamine.

La prima importante testimonianza della famiglia in Valdinievole si ha alla metà del XVII secolo. I signori Jacopo e Baldassarre Anzilotti, in data 16 gennaio 1649, fecero edificare infatti un altare nella pieve di SS. Iacopo e Martino di Uzzano, dedicato a S. Andrea Apostolo. Lo stemma della famiglia, ancora oggi visibile, fu apposto sul colonnato in pietra dell’altare.

Lo stemma Anzilotti, in marmo bianco, si rinviene inoltre sul ciborio posto alla base dell’altare del SS. Sacramento della stessa chiesa.

Importanti informazioni relative alla famiglia Anzilotti le ritroviamo inoltre presso l’archivio di Stato di Napoli. Il 4 settembre 1847, tra le «prove di nobiltà» di Matteo Anzilotti, dovute portare a Napoli dallo stesso per l’ammissione nelle Reali guardie del Corpo del Regno delle due Sicilie, viene citato proprio lo stemma apposto da Iacopo e Baldassarre Anzilotti nella Pieve di Uzzano nell’anno 1649. In questo documento viene inoltre descritta la posizione dell’altare all’interno della Pieve e la struttura dello stesso, oltre ai riferimenti del testamento che ne dispose l’edificazione.

Del ramo napoletano della famiglia Anzilotti, che si svilupperà poi autonomamente, abbiamo una tangibile testimonianza presso il vecchio cimitero di Poggioreale a Napoli. Qui è infatti possibile ancora oggi visitare la cappella della famiglia Anzilotti.

Per tornare alla Valdinievole, sappiamo che nel 1826 Benedetto Anzilotti (1800-1846) fece edificare l’oratorio di Santa Lucia a Terrarossa, che divenne poi una cappella di famiglia, che restò proprietà privata fino ai primi anni del ‘900.

In questo oratorio sono visibili le tombe di alcuni illustri ascendenti degli Anzilotti, tra cui quella di Dionisio, vissuto dal 1794 al 1865 e di professione notaio. Dionisio fu nonno del famoso giurista Dionisio Anzilotti (1867 – 1950), e a sua volta diretto discendente di quello Iacopo Anzilotti (1595 – 1649), che aveva edificato – assieme a Baldassare Anzilotti – l’altare dedicato a S. Andrea Apostolo nella pieve di Uzzano.
La famiglia Anzilotti agli inizi del XX secolo fece edificare la Villa di Serralta, posta a confine tra i comuni di Buggiano e Montecatini Terme, non lontano da Villa Ancuri, e nel 1926 acquistò dal Conte Stefano Orsi Bertolini la Villa del Castellaccio di Uzzano, dove Dionisio morì nel 1950. Proprio sulla facciata di questa dimora Dionisio fece apporre l’antico stemma in pietra che in precedenza si trovava sulla facciata del palazzo Anzilotti, sito in via della Porta Vecchia a Pescia.

Villa del Castellaccio (Uzzano) - Stemma degli Anzilotti posto sulla facciata principale
Stemma degli Anzilotti, miniato originale conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma. Consulta Araldica, b. 1768, fasc. 13.304.
Pieve di Uzzano - Stemma degli Anzilotti posto nel 1649 alla base dell’altare dedicato ai SS. Iacopo e Martino.
Uzzano - oratorio di Santa Lucia a Terrarossa - Lapide di Dionisio Anzilotti sormontata dallo stemma di famiglia (1794 - 1865)

La famiglia Anzilotti, sin dal XIX secolo, mise in atto una serie di alleanze matrimoniali molto peculiari. Per far questo, però, è bene analizzare l’albero genealogico della famiglia, partendo dal primo Dionisio Anzilotti.

Per ora non sarà preso in esame il ramo che discende da Giuseppe Anzilotti (1869 – 1945), anche perché quest’ultimo perderà la specificità del cognome Anzilotti tramutandolo, in Anzilotti-Gambarini, a seguito del suo matrimonio con la nobildonna Assunta Gambarini.

Analizzeremo invece il ramo Anzilotti puro, a partire da Dionisio Anzilotti (1867-1950).

Nell’esaminare questo ramo, è opportuno approfondire la biografia del secondo Dionisio Anzilotti, che fu professore universitario di diritto internazionale nonché presidente della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja.

Egli nacque a Pescia il 20 Febbraio 1867 e a soli 21 anni – il 7 luglio 1888 – si laureò in legge presso l’Università di Pisa.

Il 28 novembre 1891 si sposò con Eugenia Pacini (1860 – 1939), di origini fiorentine, ed ebbe da lei due figli: Luisa (1893 – 1989) ed Enrico (1898- 1983). Ambedue i figli costituirono, con i loro sposalizi, alleanze matrimoniali molto importanti. Il giovane Dionisio iniziò la carriera come avvocato in corte di appello a Firenze. Iniziò ad appassionarsi al diritto internazionale e a 27 anni vinse la cattedra universitaria di diritto internazionale insegnando alle Università di Palermo (1902 – 1903), Bologna (1904 – 1911) e Roma (1911 – 1937).

Nel 1906, divenuto a 39 anni professore ordinario, fondò insieme ad Antonio Ricci-Busatti la «Rivista di Diritto Internazionale». Nel 1912 divenne membro del consiglio del Contenzioso Diplomatico presso il Ministero degli Affari Esteri nonché consulente del Governo. Ma la sua carriera si arrichì di ulteriori riconoscimenti: nel 1916 divenne membro permanente della Corte di Arbitrato e nel 1919, dopo aver partecipato alla conferenza di pace a Parigi, venne nominato Sottosegretario generale alla Società delle Nazioni. Lavorò per un paio di anni alla realizzazione della costituzione della Corte permanente di Giustizia Internazionale. Nel 1921 divenne Giudice della Corte Permanente di Giustizia dell’Aja, incarico che manterrà ininterrottamente fino al 1939.

Intanto, nel 1925 aveva pubblicato la versione aggiornata del suo «Corso di Diritto Internazionale Privato», volume che ebbe un ottimo successo presso gli specialisti in materia.

Nel triennio 1928-1930 divenne presidente della corte internazionale dell’Aja e nel 1931 – per le sue capacità diplomatiche – fu nominato a Ginevra membro d’onore della lega mondiale per la pace. Nonostante le varie cariche e i molti impegni, Dionisio Anzilotti proseguirà con l’insegnamento universitario (fino al 1937) e con l’attività di giudice all’Aja (fino al 1939). In quest’ultimo anno si ritirò a vita privata nella Villa del Castellaccio ad Uzzano, per curare direttamente la sua fattoria. Ma in questo stesso periodo fu infine nominato presidente della SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale), incarico che manterrà dal 1944 al 1947. Dionisio Anzilotti morì al Castellaccio il 23 agosto 1950.

Nel corso della sua carriera Dionisio aveva pubblicato una quindicina di manuali universitari, e ben 68 trattati su argomenti specifici di giurisprudenza.

Dopo la sua morte, i comuni di Pescia, Uzzano, Buggiano, ma anche quello di Roma, decisero di intitolare strade in sua memoria. Sia l’istituto tecnico agrario statale di Pescia che l’istituto universitario di diritto internazionale dell’Università di Pisa, portano ancora oggi il suo nome.

Uzzano 1937 – Dionisio Anzilotti – a destra – con sua moglie Eugenia Pacini ed il figlio Enrico, nel giardino posteriore della Villa del Casellaccio.

Corte Internazionale di Giustizia dell’ Aja – Olanda – Dionisio Anzilotti – 7° da sinistra – in una sessione della corte.

Degne di nota sono anche le politiche matrimoniali dei figli di Dionisio Anzilotti: Luisa ed Enrico.

Luisa Anzilotti (1893 – 1989) nacque a Firenze il 11 aprile 1893. Si sposò il 4 luglio 1931 con il generale Renzo Rastrelli (1902 – 1979) discendente diretto del famoso architetto Bartolomeo Rastrelli (1707 – 1771) , il quale, nel 1752 edificò, tra gli altri, il palazzo Mariinskij a Kiev (ora residenza cerimoniale del presidente dell’Ucraina), e, nel 1753, il più noto Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo.

Da questo matrimonio nacquero tre figli, tutt’ora viventi: Anna, Giovanni e Stefano; quest’ultimo ha di recente terminato la carriera diplomatica col grado di Ministro Plenipotenziario.

L’altro figlio di Dionisio, l’Ambasciatore Enrico Anzilotti (1898 – 1983) si sposò il 19 agosto 1947 nella Chapelle de la Nonciature Apostolique di Bruxelles, con la N.D. Jacqueline Delvaux de Fenffe, (1926 – 2016), figlia del Barone Jacques Delvaux de Fenffe (1894 – 1962), Ambasciatore di Sua Maestà il Re del Belgio e della Contessa Suzanne Visart de Bocarmè (1900 – 1962). All’indomani del secondo conflitto bellico si creò così l’alleanza matrimoniale Anzilotti – Delvaux de Fenffe – Visart de Bocarmè.

Da questo matrimonio nacquero due figli, Stefania (1955 -1955) e Guido (1962 – ) dottore in Informatica.

Quest’ultima unione determinò un’alleanza matrimoniale molto importante perché lega gli Anzilotti alla nobiltà belga. Il ramo è infatti ufficialmente inserito col proprio nome e il proprio stemma nel «Carnet Mondain», la rubrica ufficiale della Casa Reale Belga e dell’Associazione della Nobiltà del Regno del Belgio.

Enrico Anzilotti era nato a Firenze l’8 Febbraio 1898. Dopo aver seguito il padre nei trasferimenti a Bologna e Roma, una volta maggiorenne dovette interrompere gli studi perché chiamato a partecipare alla prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria. Finita la guerra, dopo un periodo trascorso in qualità di impiegato nell’ambito militare, riprese gli studi universitari e si laureò in giurisprudenza nel 1925.

Nello stesso anno superò l’esame di ammissione al ministero degli esteri e – dopo essere rimasto al ministero per un anno – nel 1926 venne inviato presso la città de Il Cairo, in Egitto, per conto del governo Italiano, ove operò in qualità di Assistente di Legazione.

Nel 1927 fu trasferito in Algeria, dove rimase fino al 1931. L’anno successivo fu nominato Console in Australia, a Melbourne, dove si trattenne fino al 1936.

Nel 1937, dopo un breve periodo trascorso in Italia, fu inviato in Afghanistan, ove rimase fino al 1944, quando fu richiamato in Italia, al Ministero degli esteri, come capo della sezione che si occupava dell’impero britannico e del Medio Oriente.

Nel gennaio del 1946 si spostò in Cina, a Chung-king, allora capitale di guerra, dove si trovava il governo di Chiang Kai-Shek e poi a Nanchino, come Incaricato d’Affari e Capo-Missione. Enrico rimase in Cina fino al 1948. Proprio in quel periodo ebbe luogo il matrimonio citato. Successivamente, sempre nel 1948, Enrico Anzilotti fu inviato come Consigliere d’Ambasciata a Londra, mentre nel 1949 ebbe un altro prestigioso incarico: divenne primo rappresentante Italiano nel nuovo Stato di Israele. Nel 1952 fu nominato Ambasciatore e si trasferì a Vienna, ove rimase fino al giugno 1955, quando divenne Governatore della Somalia. Rimase nel Corno d’Africa fino al luglio del 1958.

Mogadiscio 1956 – L’ambasciatore Enrico Anzilotti, Governatore della Somalia, passa in rassegna un nuovo reparto dell’appena costituito esercito Somalo.

Al rientro dalla Somalia, anche per alcuni problemi di salute, fu costretto a ritirarsi dalla carriera diplomatica. Curò quindi la fattoria che il padre, Dionisio, aveva creato nei territori di Pescia, Uzzano e Buggiano. Morì nella Villa del Castellaccio ad Uzzano il 17 dicembre 1983.

Un capitolo della sua vita avventurosa, è ben descritto nella rivista «la Nuova Storia Contemporanea» ove si trova anche un interessante articolo in cui si descrive la missione fatta da Enrico Anzilotti per conto dei servizi italiani in Afghanistan, con lo scopo di armare delle tribù locali contro gli inglesi sulla frontiera afghano-indiana.

Questa missione fu affidata a Enrico Anzilotti perché, nel periodo passato presso la legazione di Kabul, aveva imparato perfettamente il Persiano Pashtun, idioma che gli permise di rapportarsi, nonché mimetizzarsi perfettamente, con la popolazione locale. Infatti una delle sue caratteristiche, che ha dimostrato in tutti i suoi mandati, era quella di cercare di comprendere i paesi e i popoli nei quali veniva inviato in missione, cercando di studiarli a fondo sia dal punto di vista della lingua che dei costumi locali.

Cito ad esempio anche il periodo della Cina, quando Enrico preferì passare il suo mese di ferie alloggiando volontariamente per l’intero mese in un monastero tibetano, piuttosto che rientrare in patria. Fu forse in questo periodo che germinarono i semi relativi al suo interesse per il Buddismo zen.

La migliore testimonianza del carisma e delle doti diplomatiche di Enrico Anzilotti è data dal suo arrivo a Chung-King nel 1946. Il suo ingresso nella sala da pranzo, ove erano riuniti tutti i diplomatici stranieri, è descritto da un collega inglese in questo modo:
“Quando si aprì la porta e sulla soglia comparvero i due Italiani (Anzilotti ed il suo secondo, Farace) alti, eleganti, estremamente gentlemanlike, – sottolineava il collega inglese – cessarono tutte le conversazioni, tutte le teste si voltarono a guardarli nel più assoluto silenzio, un silenzio che da prima e nella circostanza sembrava quasi ostile, poi gradualmente, mentre i nuovi arrivati si avviarono al tavolo a loro riservato, le conversazioni ripresero in tono apparentemente disteso – avevano vinto il primo round – concludeva il collega inglese. Credo che vinsero presto tutti gli altri rounds. Mi hanno raccontato, tra l’altro, che l’ambasciatore d’Inghilterra, noto orientalista, cercava ogni occasione per conversare con Anzilotti, ma non in inglese, bensì in persiano che ambedue parlavano correttamente.”

Sulle capacità diplomatiche e sulla propensione di Enrico Anzilotti a risolvere i conflitti per via pacifica (qualità presumibilmente ereditate dal padre Dionisio), abbiamo numerose testimonianze, specialmente relative al periodo in cui fu governatore in Somalia. Infatti, nel momento in cui assunse la guida dell’A.F.I.S. (Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia), dimostrò subito di voler accelerare la costruzione delle basi politiche dell’indipendenza somala. Favorì così, in seno alle varie fazioni somale, la prevalenza dei moderati, guidati da Aden Abdulle. Fu così possibile concordare un trasferimento pacifico dei poteri. Furono inoltre creati, in accordo con i somali, degli strumenti politici e delle strutture economiche su cui fondare il nuovo stato indipendente.

Non è un caso che Enrico Anzilotti sia stato l’unica personalità italiana decorata con la massima onorificenza somala, la “Stella Somala”. Un quartiere intero di Mogadiscio, costruito in quegli anni, prese spontaneamente il nome di quartiere Anzilotti, così come nacque spontaneamente la squadra di calcio “Anzilotti”. A ulteriore e successiva testimonianza della gratitudine del popolo somalo verso Anzilotti, ci sono anche le visite fatte alla Villa del Castellaccio da parte di vari Presidenti Somali che si sono succeduti al potere nei primi anni ‘60.

Anche quando è andato in pensione dalla carriera diplomatica, seguendo la fattoria fondata da suo padre Dionisio, Enrico Anzilotti ha saputo attuare una politica di gestione dei terreni tale da favorire le famiglie contadine del luogo, oltre che la comunità locale, donando i terreni per la realizzazione del campo sportivo del comune di Uzzano e di un circolo ricreativo in località Molinaccio.

Pochi anni dopo la sua morte, il comune di Uzzano gli ha intitolato una piazza nel centro dell’abitato di S. Lucia Uzzanese.